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BULLISMO: CONOSCERLO PER PREVENIRLO

Aggiornamento: 26 lug 2020


Il termine bullismo deriva dalla parola inglese “bullying”, mentre nelle lingue scandinave il termine utilizzato è “mobbing”, anch’esso entrato ormai a far parte del nostro linguaggio comune per definire le prevaricazioni tra adulti in ambito lavorativo.

Il bullismo viene definito come un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona - o da un gruppo di persone - più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole.

Secondo Olweus “uno studente è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. Più specificamente “un comportamento ‘bullo’ è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”.


La variabile età

I soggetti implicati nel fenomeno del bullismo sono bambini e adolescenti in una fascia di età compresa tra i 7-8 e i 14-16 anni.Gli individui maggiormente coinvolti sono comunque i bambini delle scuole elementari e dei primi anni delle scuole medie, dove il fenomeno sembra essere diffuso e pervasivo.

Secondo i dati a nostra disposizione, con il passare del tempo il bullismo tende a seguire un particolare decorso: il numero e la frequenza degli episodi di bullismo sembrano diminuire con la crescita del bambino. In modo particolare gli episodi diminuiscono nel passaggio tra le scuole primarie e le scuole secondarie di primo grado e, ancor più significativamente, con il passaggio dal primo al secondo grado di scuola secondaria.


Le caratteristiche distintive del bullismo sono:

L’intenzionalità.

Gli atti "bullistici" sono intenzionali: il bullo agisce con l’intenzione e lo scopo preciso di dominare sull’altra persona, di offenderla e di causarle danni o disagi.

La persistenza nel tempo.

I comportamenti "bullistici" sono persistenti nel tempo: sebbene anche un singolo fatto grave possa essere considerato una forma di bullismo, di solito gli episodi sono ripetuti nel tempo e si verificano con una frequenza piuttosto elevata.

L’asimmetria della relazione.

La relazione tra bullo e vittima è di tipo asimmetrico: ciò significa che c’è una disuguaglianza di forza e di potere, per cui uno dei due sempre prevarica e l’altro sempre subisce, senza riuscire a difendersi. La differenza di potere tra il bullo e la vittima deriva essenzialmente dalla forza fisica: il bullo è più forte della media dei coetanei e della vittima in particolare, mentre la vittima è più debole della media dei coetanei e del bullo in particolare.

Altri fattori che intervengono sono la differenza di età (i bulli sono generalmente bambini più grandi) o il genere sessuale (il ruolo di bullo è generalmente agito da maschi mentre le vittime possono essere indifferentemente maschi o femmine).


COSA NON È BULLISMO

Il bullismo è una tra le possibili manifestazioni di aggressività messe in atto dai bambini e dagli adolescenti.

Sebbene non sia sempre semplice riconoscere ad un primo sguardo le differenti tipologie di comportamenti aggressivi, è però possibile distinguere quelli più specificamente riconducibili alla categoria “bullismo” da quelli che, invece, non entrano a far parte di questo fenomeno.

Una prima categoria di comportamenti non classificabili come bullismo è quella degli atti particolarmente gravi, che più si avvicinano ad un vero e proprio reato. Attaccare un coetaneo con coltellini o altri oggetti pericolosi, fare minacce pesanti, procurare ferite fisiche gravi, commettere furti di oggetti molto costosi, compiere molestie o abusi sessuali sono condotte che rientrano nella categoria dei comportamenti antisociali e devianti e non sono in alcun modo definibili come “bullismo”.

Allo stesso modo, i comportamenti cosiddetti “quasi aggressivi”, che spesso si verificano tra coetanei, non costituiscono forme di bullismo. I giochi turbolenti e le “lotte”, particolarmente diffusi tra i maschi, o la presa in giro “per gioco” non sono definibili come bullismo in quanto implicano una simmetria della relazione, cioè una parità di potere e di forza tra i due soggetti implicati e una alternanza dei ruoli prevaricatore/prevaricato.


CAMPANELLI DI ALLARME: COME RICONOSCERE VITTIME E BULLI

INDICATORI DELLA POSSIBILE VITTIMA

• è preso ripetutamente in giro in modo pesante, offeso, denigrato, umiliato, deriso, sottomesso, dominato. minacciato, ridicolizzato;

• è aggredito fisicamente, picchiato, preso a pugni e a calci, spinto;

• subisce il furto, il danneggiamento e la dispersione di oggetti o beni materiali (libri, denaro etc.)

• presenta lividi, graffi, ferite, tagli o vestiti stracciati a cui non può essere data una spiegazione naturale

• si dimostra indifeso e reagisce agli scontri e ai litigi con il ritiro o il pianto. E’ spesso solo ed escluso dal gruppo dei compagni nei momenti di ricreazione; è scelto per ultimo nei giochi di squadra;

• non ha nessun buon amico in classe

• appare depresso ha facilità al pianto;

• subisce un calo improvviso o graduale nel rendimento scolastico;

• ha difficoltà a parlare in classe;

• dimostra ansia e insicurezza;

• ricerca la vicinanza degli adulti nei momenti di ricreazione.


INDICATORI DEL POSSIBILE BULLO

• prende in giro ripetutamente i compagni, denigra, calunnia, intimidisce, umilia, minaccia, comanda, domina, sottomette, deride

• aggredisce fisicamente i compagni con calci, pugni, spintoni

• danneggia o ruba gli oggetti altrui; rovina i vestiti, esclude intenzionalmente dal gruppo dei pari, isola.



Cosa è possibile fare concretamente a scuola?

Spesso, come insegnanti, si è investiti e sovraccaricati di aspettative che provengono dall’esterno; la scuola, infatti, accanto alla funzione di istruire i ragazzi si è vista riconoscere nel tempo l’importante quanto oneroso compito di educarli. Raggiungere tale obiettivo richiede sicuramente tempi ed energie che vanno oltre il semplice stare in classe e sviluppare il programma annuale.

L’obiettivo quindi è quello di proporre attività che valorizzino i coetanei come “agenti di cambiamento” facendo leva sulle risorse positive della classe e sulla naturale capacità dei ragazzi di provare empatia per i compagni in difficoltà.


(tratto da Quaderno bullismo, Telefono Azzurro, “Il fenomeno del bullismo, conoscerlo e prevenirlo”)











































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